In Italia Il fundraising oggi a che punto è? Quanto gli studi sulle case history hanno evoluto i metodi di raccolta? È solo una questioni di dati? Di contenuti? Rispondere a queste domande non è affatto facile. Le risposte possono essere multiple. Tutto “dipende”. Si ma da cosa? Si dice che ciò che sarai tra 5 anni lo determini ora. Mai frase fu più appropriata per la raccolta fondi. Spesso ci si confonde e si misura la qualità di una campagna di raccolta fondi da quanto ha prodotto in termini di “euro”. Eppure il vero focus dovrebbe essere sulle persone e sulle informazioni di esse che si sono raccolte. Un buon fundraising raccoglie prima di tutto donatori, li coinvolge, li informa, li ringrazia. Una organizzazione necessita del sostegno delle persone e di quello che esse possono fare per la causa. Possono donare? Si, anche. Un sostenitore è prima di tutto un divulgatore del brand, un testimonial, uno che parla di noi, magari ha un nostro gadget col logo e, inoltre, dona “soldi” per i nostri progetti. Porre l’attenzione su questo aspetto è creare un principio regolatore che mette al centro le persone e che rende il fundraising solo una naturale conseguenza.
Ogni organizzazione dovrebbe pensare a costruire una comunità (chiamato in gergo “database”) che moltiplichi la conoscenza del brand, il consenso e quindi le donazioni. Questa comunità è la vera risorsa dell’ente, un luogo dove si comunica, ci si conosce, dove le persone che ci sostengono ci parlano di se stesse.
In questo luogo di incontro la conoscenza è tutto. Se so chi sei posso chiederti ciò che puoi fare per me. Ma vediamo cosa lo studio dei dati ci dice su qual è la forma di raccolta fondi più sostenibile per l’organizzazione e più coinvolgente per il donatore. Tornando alla domanda iniziale, in Italia Il fundraising oggi a che punto è? Possiamo dirci che oggi, grazie al lavoro di molti anni, il donatore è più maturo e più pronto a donare ed a partecipare alle cause in maniera continuativa. Oggi infatti la donazione regolare ci permette di avere all’interno delle nostre comunità (database) molti più “middle donor”, cioè donatori che si impegnano a donare in un anno da 180 a 600 euro, per un’organizzazione. Inoltre grazie agli strumenti di raccolta, l’età media si è notevolmente.
La “donazione regolare” crea sostenibilità e permette di comunicare con il donatore in maniera mirata.
I donatori regolari rappresentano una categoria strategica di sostenitori che scelgono di contribuire periodicamente a un'organizzazione non profit. A differenza delle donazioni spot o occasionali, questi donatori si impegnano a versare un importo fisso con cadenza prestabilita - mensile, trimestrale o annuale. Secondo i dati più recenti dell'ISTAT, in Italia circa il 12,6% della popolazione effettua donazioni regolari, con un valore medio annuale di 280-300 euro. Questi numeri rivelano un panorama del fundraising ricco di opportunità per gli enti del terzo settore.
L’identità del donatore regolare va ben oltre la semplice capacità economica di supportare una causa. Si tratta di un individuo mediamente adulto, collocato in una fascia di età tra i 35 e i 55 anni, caratterizzato da un livello di istruzione medio-alto e una posizione sociale appartenente alla classe media o medio-alta.
La sua provenienza è trasversale: uomini e donne si equivalgono in questa scelta di impegno sociale, accomunati da una sensibilità che travalica le differenze di genere.
La sua identità si costruisce attraverso un intreccio di motivazioni profonde che vanno ben oltre il mero gesto economico.
La spinta principale risiede in un desiderio di generare un cambiamento concreto. Non è un donatore passivo, ma un attore sociale consapevole che vuole misurare l'impatto del proprio contributo. La fiducia nell'organizzazione diventa elemento cruciale: non dona a caso, ma dopo un'attenta valutazione della credibilità e dell'efficacia dell'ente. La sua scelta di donazione regolare racconta di un nuovo modello di cittadinanza attiva. Non più solo spettatore, ma protagonista di un cambiamento che muove dal basso, consapevole che ogni piccolo contributo può generare un impatto significativo. Un nuovo archetipo di solidarietà che coniuga razionalità ed empatia, tecnologia e valori umani.
I donatori regolari non offrono solo stabilità economica, ma rappresentano anche una base solida di sostenitori che condividono in modo continuativo la missione dell’organizzazione. Il loro impegno crea una relazione di fiducia reciproca, rafforzando il senso di comunità e consolidando il legame tra l’organizzazione e la causa che supportano. Questo li rende non solo dei sostenitori finanziari, ma veri e propri partner nel raggiungimento degli obiettivi. L'approccio più efficace è costruire una comunicazione che valorizzi l'impatto sociale concreto, trasformando la donazione da un atto occasionale a un impegno condiviso. La fidelizzazione passa attraverso la trasparenza e la narrazione. Non bastano più comunicazioni generiche: i donatori vogliono comprendere esattamente dove vanno a finire i loro contributi. Raccontare storie precise, mostrare risultati tangibili e creare una community dove il sostenitore si senta parte integrante del progetto diventa cruciale.
Come creare una significativa comunità di donatori regolari? Gli strumenti non sono molti (purtroppo!) ma hanno tutti una cosa in comune: un approccio di dialogo con le persone. Un donatore regolare ha bisogno un approccio caldo, che lo faccia sentire importante e unico e questo può avvenire solo nell’incontro con un’altra persona. È lo scambio di emozioni, di informazioni e di parole che può creare un legame unico che dura nel tempo. Portare la persona a scegliere di diventare un “donatore regolare”, cioè qualcuno che sostiene stabilmente i nostri progetti è un’azione che solo un rapporto di fiducia, un confronto e uno scambio umano può fare.
Gli strumenti per farlo sono il “face to face” e il fundraising telefonico.
Il face to face fundraising è un modo per contattare donatori “unici” che l’ente non avrebbe potuto raccogliere in altro modo. È un modo per trasformare un passante, un cittadino qualunque in un sostenitore consapevole, sensibilizzato su tematiche sociali importanti al punto da dare un contributo continuativo. È uno strumento che crea un legame importante con l’ente proprio perché comunica emozionando da persona a persona e raccoglie quell’importante target di “middle donor” che ogni mese donano automaticamente da 15 a 50 euro.
Viene realizzato da persone altamente formate, attraverso un dialogo appropriato e materiali di comunicazione ben studiati, che coinvolgono i cittadini alle cause trasformandoli in donatori regolari. In questo modo si hanno anche tutte le informazioni utili sulla persona al fine di coinvolgerla sempre più. È un dato abbastanza consolidato che questi donatori durano mediamente 3- 5 anni. Il F2F (Face to Face) non è di facile realizzazione, non può essere improvvisato e richiede tanta formazione specifica. In Italia oggi, purtroppo non sono molti i provider che lo realizzano con etica e qualità. Per le organizzazioni non è facile organizzarlo internamente.
L’altro strumento utile per l’evoluzione della comunità interna dei donatori (database) è il telefundraising. Sempre di dialogo si tratta! Ma telefonico. Pensate se almeno metà della comunità di un ente diventasse donatore regolare, un donatore cioè che da “una tantum” diventi continuativo, un incremento di raccolta davvero notevole! Oltretutto il telefundraising è uno strumento che corona il successo delle campagne web o televisive di acquisizione nuovi donatori.
Oggi i donatori sono pronti a fare un salto di qualità, a preferire un gadget ad una foto impressionante, a conoscere tutte le informazioni sul reale impatto che ha un progetto sulla comunità e ad investire sull’organizzazione e su quel progetto per sentirsi partecipe della cooperazione, della ricerca scientifica, degli aiuti umanitari e dei progetti sull’ambiente. Oggi gli italiani sono pronti a partecipare, più che a fare mera beneficenza. Sara Bernabei - Consulente di Tersa Gabriella Barbetta - Agorà Experience
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